martedì 7 aprile 2015

La nuova famiglia (disorganizzata)



Oggi parliamo del papà: una figura che nella economia delle relazioni familiari ha subito considerevoli cambiamenti, forse anzi è stata rivoluzionata al punto  che per qualche tempo (lo ricordiamo tutti) fu coniato ed invalse nell'uso il neologismo "mammo" che stava ad indicare quei papà che partecipavano o comunque si facevano carico, in varia misura, della relazione di cura del figlioletto.



Mammo è l'emblema linguistico dello stereotipo culturale normalmente associato al ruolo paterno.

Giusto per non urtare nessuno (conservatori compresi) nella nostra vignetta muta, il papà appare accigliato ed evidentemente nel pieno esercizio di quelle funzioni normative, tradizionalmente associate al ruolo paterno, mentre il piccolo (mortificato, ma non arreso) risponde con le sue ragioni.

Come si diceva i rapporti e le aspettative familiari sono cambiati, gli elementi chiave del cambiamento sono essenzialmente:

  1. l'emancipazione economica e sociale della donna-madre, che è sempre più spesso impegnata in attività lavorative all'esterno delle mura domestiche.
  2. La drastica riduzione delle nascite che tende ad appiattire o invertire la scala gerarchica associata al gradino generazionale all'interno della famiglia: i figli (o il figlio) sono pochi e pertanto vissuti e considerati più importanti di quanto non fossero una volta.
  3. La presa di distanza e lo svincolo (nel migliore dei casi) della famiglia nucleare rispetto a quella allargata con radicale ridimensionamento degli spazi affettivi e di relazione occupati una volta dagli altri membri della famiglia.
Veniamo ora ad analizzare brevemente quelle che possono essere le implicazioni di questi cambiamenti tanto concreti quanto macroscopici ed innegabili: 

  • la donna-madre condivide la responsabilità economica tradizionalmente maschile, questo comporta una maggiore indipendenza in ogni campo, ma anche un carico di lavoro raddoppiato, il che può significare affaticamento e minore disponibilità mentale e/o maggiore aspettativa di supporto e condivisione da parte del coniuge (il più delle volte latitante sotto questo aspetto). 
  • I bambini diventano importanti, molto importanti, un singolo figlio rappresenta da solo la realizzazione del desiderio e del ruolo genitoriale, nonché l'oggetto degli investimenti narcisistici parentali: si tratta di una situazione non fisiologica, da un lato, dato che in questo caso il prestigio e l'importanza non procedono di pari passo alla maturazione di un congruo senso di responsabilità, e, dall'altro canto, di un contesto che priva il bambino dell'esperienza di rapporti paritari (di competizione) con i fratelli, esponendolo soltanto ai rapporti di dipendenza (di protezione) con gli adulti di riferimento. Rispetto ai genitori, quindi, può accadere abbastanza frequentemente che il figlio tenderà a stabilire rapporti (pseudo) paritari, cancellando il gap generazionale... con quanto può conseguirne.
  • La distanza dai membri della famiglia allargata libera alcuni membri della famiglia (specie quelli di sesso femminile) da una concezione atavica rigidamente gerarchica di rapporti al cui interno si esigeva sottomissione ed obbedienza, ma priva anche i neogenitori della saggezza e della esperienza dei più anziani, favorendo quindi l'insorgenza di insicurezze e talvolta squilibri proprio nel rapporto con i figli.



Padre o mammo o con altre amene ed insospettate opzioni, la figura paterna tuttavia, resta ancora oggi generalmente più distante e meno coinvolta nell'educazione e nella cura della prole, pur rimanendo nell'ambito della famiglia nucleare l'unico adulto interlocutore e referente per la madre.

Tanto di cappello, dunque al nostro simpatico papà normativo.

Nessun commento:

Posta un commento